La prescrizione - Istituto di diritto sostanziale e le sue applicazioni processuali.
Creato da LucaCampanella il 04/10/2013 12:35:53

Nell'ottica di un'informativa generale in tema di azionamento dei propri diritti, soprattutto di natura creditoria, lo Studio ritiene opportuno affrontare il tema dei termini entro i quali far valere giudizialmente i medesimi.

Con questo scopo, si pubblica oggi un breve excursus in materia di prescrizione, con specifico riferimento alla sua decorrenza, prendendo in esame la materia concorsuale.

Seguiranno ulteriori approfondimenti ai quali, come di prassi, si tenderà a dare un risvolto più pratico che teorico, al fine di consentirne la chiara comprensione da parte di tutti ifruitori del sito e non solo agli Operatori del settore Giusitizia.


1. Che cos’è la prescrizione?

La prescrizione è un istituto di diritto civile, regolata dall’art. 2934 c.c., Il quale prevede che “ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge”, con la precisazione, al secondo comma del citato articolo, che non tutti i diritti sostanziali sono soggetti a prescrizione, essendo esclusi i diritti indisponibili – come la libertà personale, la libera manifestazione delle proprie idee etc..- e gli altri diritti, di volta in volta, espressamente individuati dalla legge- quali, per esempio, il diritto di  proprietà, la qualità di erede etc.

E’ evidente la ratio sottesa alla sopracitata norma, la quale, prevedendo un generico modo di estinzione del diritto, esclude che situazioni giuridiche soggettive possano protrarsi all’infinito, nonostante l’inerzia del titolare, rispondendo all’esigenza di certezza del diritto che il Legislatore, con tale disposizione, ha voluto imprimere al nostro ordinamento civile.

Il successivo art. 2935 c.c., pone una regola generale, indicando quale dies a quo dal quale far decorrere il termine prescrizionale il giorno in cui il diritto può essere fatto valere; Questa norma, chiara nella sua esplicazione testuale, ha comportato non pochi problemi nella sua applicazione pratica.

Per i tecnici del diritto, infatti, non è insolito imbattersi in pronunce del seguente tenore: “la prescrizione non necessariamente inizia a decorrere dal momento in cui il fatto si è verificato nella sua materialità e realtà fenomenica, ma piuttosto dal momento in cui si manifesta all’esterno con tutti i connotati che ne determinano l’illiceità” (Cass. Civ. 14024/2013).

Ed ancora, nell’ipotesi di azione di risarcimento del danno per la nullità del contratto, il dies a quo decorre dal momento in cui il negozio giuridico è stato stipulato, per il soggetto che ha richiesto la risoluzione per nullità del contratto, mentre dal momento dell’accertamento giudiziale dell’inefficacia negoziale, per  gli altri contraenti diversi da quelli che hanno fatto valere l’illegittimità del rapporto contrattuale (Cass. Civ. n. 11933/2013).

2. Applicazione pratica dell’istituto della prescrizione e risvolti processuali

E’ interessante osservare le modalità di applicazione della prescrizione, e in particolar modo, il computo del termine prescrizionale, nelle procedure concorsuali, soprattutto con riferimento agli ampi poteri attribuiti al curatore in forza dell’art. 146 della Legge fallimentare.

La norma in commento, come noto,  attribuisce alla curatela, previa autorizzazione del Giudice Delegato, il potere di esercitare sia l’azione di responsabilità nei confronti dei soci contro gli amministratori, di cui all’art. 2393 c.c.,  nonché quella prevista dall’art. 2394 c.c., per responsabilità degli Amministratori nei confronti dei creditori sociali.

In forza di tale previsione normativa, quindi, il legislatore opera una modificazione della legittimazione attiva che, in questa specifica ipotesi, risulterà unitaria ed esclusiva, per l’esercizio di entrambe le azioni, in capo alla Curatela.

Detta eccezione trova la propria ratio nella sussistenza di uno scopo, comune ad entrambe le azioni, di ricostituzione del patrimonio sociale, a tutela sia dei soci che dei creditori sociali, mentre nessuna deroga è ammessa sul piano sostanziale.

Il Curatore che intenda esercitare entrambe le azioni di responsabilità per il risarcimento del danno cagionato ai soci e/o ai creditori sociali, dovrà verificare, quindi, caso per caso, la sussistenza dei diversi presupposti richiesti dalla legge per l’esercizio di ciascuna azione, anche con riferimento alla prescrizione, in entrambi casi quinquennale, ma il cui dies a quo, evidentemente non coincide.

Ed infatti, mentre l’azione di cui all’art. 2393 c.c., prevede, per il suo esperimento, la sussistenza di un danno alla società che sia conseguita ad illeciti dolosi e/o colposi degli Amministratori, derivanti da violazioni di legge o dell’atto costitutivo, l’azione sociale di cui all’art. 2394 c.c. prevede, invece, la sussistenza di un danno da insufficienza patrimoniale conseguente all’inosservanza dei vertici di quegli obblighi imposti dal legislatore per la corretta conservazione del patrimonio medesimo.

E’ evidente quindi che, nell’ipotesi di esperimento da parte della curatela dell’azione di responsabilità di cui all’art. 2393 c.c., il dies a quo dal quale computare la prescrizione non può che essere il momento della verificazione del danno, mentre, nella fattispecie di cui al seguente 2394 c.c., il termine da cui far decorre la prescrizione non può che essere il momento in cui l’insufficienza del patrimonio sociale diviene evidente  o, quanto meno conoscibile, circostanza che la giurisprudenza di legittimità, ormai, suole identificare nella pubblicazione del  bilancio della società.

E’ chiaro, quindi, che, in presenza di presupposti applicativi talmente diversi, ci si può trovare nella situazione in cui un’azione risulti ancora esperibile, mentre per l’altra sia decorso il termine quinquennale, con conseguente rigetto di ogni pretesa tardivamente azionata.

Non appare superfluo aprire una parentesi ed evidenziare le modifiche intervenute in materia con il D.Lgs. n. 6/2003 e con il successivo D.Lgs n. 5/2006.

Ed infatti, in fattispecie concorsuali i cui fatti devono essere collocati prima delle  riforme sopra citate, seppur manifestatisi successivamente, nel caso di azione ex art. 2393 c.c., per il computo del termine prescrizionale troverà applicazione il combinato disposto di cui all’art. 2949 c.c. e 2941, primo comma n. 7 c.c..

Durante il regime previgente,  dunque, individuato il dies a quo dal quale far decorrere il computo di cui all’art. 2935 c.c., nel momento della verificazione dell’evento dannoso, era necessario tenere in considerazione il periodo di sospensione della prescrizione, operante sino alla cessazione della carica, in ragione del particolare rapporto sussistente tra  la società e l’Ente gestorio della medesima.

Sotto il vigore dello schema normativo previgente, quindi, la sospensione della prescrizione, considerata eccezione in senso proprio,  restava affidata alla espressa e tempestiva deduzione della parte interessata, nello specifico la curatela, essendo sottratta  al rilievo ex officio del Giudicante.

In seguito alle modifiche intervenute con l’entrata in vigore del D.Lgs n. 6/2003, è stato modificato l’art. 2393 c.c., introducendo il comma n. 4, il quale prevede espressamente che il termine prescrizionale per l’esercizio dell’azione dei soci nei confronti dell’amministratore inizia a decorrere dal giorno in cui quest’ultimo non ricopre più la carica. 

La differenza non è irrilevante, considerato, infatti, che in forza della suddetta previsione, non risulterebbe più applicabile la sospensione di cui all’art. 2941, primo comma, n. 7 c.p.c., dovendosi ritenere prescritto il diritto al risarcimento trascorsi cinque anni dalla cessazione della carica.